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Pillole di felicità disseminate da Ilvo Diamanti, nella presentazione pesarese del libro di Matteo Ricci. “Ho tentato di scoraggiare il presidente della Provincia. Gli dicevo di stare attento, di non insistere sulla felicità di questi tempi. Forse la mia utilità è stata convincerlo a fargli fare l’esatto contrario”.
“La felicità può essere una categoria della politica o l’interpretazione è una forzatura?”. Il politologo ci pensa su: “E’ una bella domanda”. “In Italia, nonostante tutto, ci sentiamo abbastanza felici. Credo nel dovere della sobrietà. E forse proprio perché abbiamo il senso dei nostri limiti conquistiamo questo sentimento. Ognuno di noi, se esagera, non sarà mai felice. Il modello americano raccontato nel libro? Si regge sul rischio della povertà. Se ci si protegge con le tutele sociali, poi ‘uno su mille’ non ce la fa più. Senza il rischio del declassamento, in quella visione non ti rialzi, non hai motivi per reagire. Senza povertà non c’è ricchezza, questa è la logica”. Così, prosegue Diamanti, “tutti abbiamo domande domande di fondo che vogliamo soddisfare. Come diceva Bob Kennedy, il Pil non è tutto. Anzi: è misurato da una serie di indicatori che vanno anche contro il nostro stesso benessere. La misurazione può avvenire a spese dell’ambiente, della sicurezza, dell’integrazione. La ricerca verso il Bes spinge a cercare altro. Non accontentandosi, ma cercando di adattare gli obiettivi alle risorse e alle possibilità. A noi fa bene stare con gli altri. Più siamo soli, più diventiamo insicuri. Meno partecipiamo, più abbiamo paura. L’altruismo? E’ una forma di egoismo. Nel momento in cui lavoriamo per gli altri, lavoriamo per noi stessi”.
“Cosa c’entra la politica con la felicità? – si chiede Matteo Ricci – E’ una domanda legittima. Ma ho ribaltato l’approccio. Mi sono chiesto a cosa serve la politica, se non contribuisce al diritto della ricerca della felicità di ognuno di noi. Forse sto scavando ulteriormente nelle ragioni del mio impegno”. E chiarisce: “La ricerca è per gran parte un percorso intimo. Si lega alla salute, agli affetti, alla spiritualità. Ma c’è una sfera pubblica della felicità? Alla fine, parliamo, in altri termini di bene comune”. Di qui il viaggio con Giovannini. “Il Bes è un indicatore più completo rispetto al Pil. Misura le diseguaglianze, i posti di lavoro, il livello della salute, la qualità delle relazioni, la distanza tra politica e istituzioni. Quello che più sinteticamente dovrebbe essere definito come progresso. Ma l’indicatore non basta se non si rimettono in fila i valori. La crisi è un trauma collettivo, ma può rappresentare un’opportunità per rimettere in fila le cose che contano. Come il lavoro, la giustizia, la solidarietà. E’ cambiata la scala dei valori, il nuovo modello di sviluppo si costruisce solo partendo da qui”. Il resto è il collegamento con la quotidianità dell’azione amministrativa, raccontata nel viaggio.
Prima edizione (2013)
Pagine: 160
ISBN: 88-6086-104-7
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