L’auspicabile ritorno al “pensiero profondo”
La memoria ha bisogno di speciali almanacchi che ricordino come un fatto possa accadere o una frase possa essere pronunciata, rievocando i legami con la storia che rende ineludibile, spesso, quell’evento o quelle parole.
L’attualità ci sta abituando al confronto con realtà che ci apparivano impossibili fino a pochi anni fa, chi infatti si sarebbe mai immaginato che la Repubblica avrebbe vissuto momenti tanto critici, se non drammatici, come quelli del presente e chi avrebbe mai potuto pensare che i vincitori della battaglia sociale e democratica, garantita dalla libertà di espressione, interpretassero le esigenze di un’opinione pubblica sempre più assetata di violenza verbale.
Il rischio del tracollo della democrazia è dietro l’angolo perché i problemi sembrano insormontabili se non attraverso il peggioramento delle condizioni di vita sociale e economica e ciò non può che inasprire un desiderio di riscatto che passa attraverso la riconquista del potere con forme che by-passano le formule democratiche della lotta politica.
Riflettere sul passato recente è quindi indispensabile perché fa capire come si sia potuti giungere a questo e, forse, come sia possibile uscirne.
L’autore viaggia random sui grandi temi che interessano la comunità e riflette in modo approfondito sulla formazione dei pensieri. Ecco già questo metodo, ormai inusuale purtroppo anche da parte della stampa più accreditata, indica un percorso: quello del pensiero profondo che si oppone alla superficialità imperante.
Trasformare l’azione di un migrante o di un politico nell’assioma per cui tutti i migranti o i politici si comportano così, rappresenta un metodo già visto che ha portato, dopo la Grande Guerra di cui celebriamo i 100 anni dalla fine, al fascismo e al nazismo.
Noi bravi cittadini tutti da una parte in difesa di valori messi a repentaglio da un’intera categoria sociale, o meglio da una razza nata con un peccato originale che non è possibile estirpare se non con l’annullamento.
Il pensiero profondo di Gasperoni induce invece a rivedere i facili canoni che generano nemici secondo necessità, riflettendo sulla complessità, unica vera soluzione per conservare e magari rafforzare la democrazia.
Elogiare la trasgressione significa appunto questo, rompere lo schema per vedere se al di là dello stereotipo esiste una realtà diversa, magari in formazione continua nel confronto, nello studio, nell’approfondimento, nella disponibilità a capire le ragioni dell’altro.
Trasgrediamo quindi, per imparare dall’esperienza.
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